Pugilato e Social
Non è solo più questione di colpi sul ring: oggi la partita più dura si gioca anche sui social.
I social non sono più un passatempo: sono diventati parte integrante della nostra vita quotidiana, del nostro lavoro e persino della nostra carriera sportiva. Nel pugilato questo è sempre più evidente: non si tratta solo di colpi sul ring, ma anche di parole e immagini che lanciamo nel web. L’Inghilterra è stata la prima a capirlo, quasi dieci anni fa: nel 2016 ha scritto linee guida severe per pugili, tecnici, dirigenti e persino per chi gravita attorno al movimento, stabilendo regole precise su privacy, linguaggio, utilizzo di loghi e marchi, con sanzioni reali per chi sbaglia. Un esempio chiaro: il rispetto non si dimostra solo guardando l’avversario negli occhi, ma anche scegliendo con attenzione ogni parola scritta online. Anche il Comitato Olimpico Internazionale ha aggiornato la sua visione, aprendosi alla condivisione dei momenti più personali degli atleti durante i Giochi, ma fissando paletti netti: niente dirette, niente video competitivi, massimo due minuti di contenuti, divieto assoluto di uso commerciale. E per la prima volta è entrata in campo l’intelligenza artificiale, a proteggere gli atleti dagli abusi digitali, filtrando insulti e odio prima ancora che arrivino ai destinatari. Una rivoluzione silenziosa che tutela la dignità di chi sale sul ring olimpico. E in Italia? La FPI non ha ancora un regolamento specifico, ma richiama con forza ai valori di sempre: correttezza, rispetto e responsabilità. Tradotto: niente linguaggio offensivo, niente contenuti che ledano la dignità, niente diffamazioni, niente informazioni riservate online. Ma arrivati ad oggi, in questa vera e propria giungla mediatica dove ogni post può diventare un boomerang, non sarebbe forse arrivato il momento di una riforma chiara e strutturata anche da parte della FPI? In fondo, non servono mille articoli per capire una verità semplice: ogni post è un colpo che può aprire strade o chiuderle per sempre. Siamo ciò che pubblichiamo, dentro e fuori dal ring. Lo sport ci insegna disciplina, sacrificio, fair play. Portiamoli anche sui social, perché lì, come sul quadrato, non ci sono riprese da rifare: ogni mossa resta impressa