Conosciamo Terence Crawford !

Conosciamo Terence Crawford l’imbattuto campione di quattro categorie, che sfida Saul Alvarez, per la quinta corona, venerdì a Las Vegas
L’Allegiant Stadium che venerdì ospiterà la supersfida tra Canelo Alvarez e lo sfidante Terence Crawford, col messicano che mette in palio il suo capitale sportivo, equivalente al poker dei supermedi (WBC, WBA, WBO e IBF), è una delle strutture più imponenti degli USA. Costruito nel 2020 è costato quasi 2 miliardi di dollari. L’11 febbraio 2024, ha allestito il Super Bowl National Football League, l’evento sportivo più importante degli USA. Coperto da un tetto trasparente, completamente climatizzato, gli esterni in nero e argento, lunghe file di luci a led, ispirati alle linee distintive di un’auto sportiva, caratteristiche che sono riprese all’interno per creare un’estetica unitaria inconfondibilmente rappresentativa del marchio dei Las Vegas Raiders che gioca nella NFL e dei UNLV della NCAA. Le suite variano da 5.000 a 100.000 dollari a partita, sulla base della posizione, dell’avversario e del periodo del campionato. La capienza varia da 60.000 a 65.000 posti a sedere. E’ l’esordio per il pugilato, grazie all’Emiro dell’Arabia Saudita, sua eccellenza Turki Alalshikh, l’elemosiniere miliardario che ha dato l’OK allo svolgimento a Las Vegas e non nella sua nazione. In questo business rientra Bob Arum (Top Rank). La capienza in questo caso arriva a quasi 70.000 posti. Nella struttura megagalattica, l’imbattuto Terence Crawford (41), nato a Omaha nel Nebraska, il 28 settembre 1987, quindi prossimo alle 38 primavere – considerato addirittura il campione dimenticato dai media e il meno popolare, nonostante sia forse il più completo in attività – giocherà la sfida più importante della carriera. I cui vagiti iniziarono alla tenera età di 7 anni, quando il ragazzino per sfuggire all’assedio di una famiglia dove mamma Debra per tenere a bada le due figlie e Terence, non si rifaceva al metodo Montessori, ma usava qualsiasi oggetto contundente per farsi obbedire. A tenerle corda si univano la nonna Welma e la zia Jackie, mentre il padre era l’oggetto misterioso della famiglia, in quanto non sapevi mai quando rientrava e viceversa. La fortuna di Bud, come lo chiamavano, fu il Boxing Club diretto da Midge Minor, ex pugile che accoglieva i tanti ragazzi del quartiere, per levarli dalla strada, dove il rischio era molto più alto di qualche pugno. Terence mostrò di avere quel tocco in più, anche se il carattere chiuso non facilitava il colloquio. A 12 anni il debutto, a 14 nel 2002, il primo torneo importante, il Silver Gloves, dove lo ferma Mike Dallas jr. Migliora, torneo dopo torneo e nel 2006 a 18 anni, inizia a farsi notare, vincendo i National Police Athletic League, battendo il quotato Danny Garcia che da pro coglierà il mondiale superleggeri e welter (2012-2016). Nel 2007, arriva alle semifinali dei Giochi Panamericani in Venezuela e si guadagna l’ingresso nei trial per il posto ai Giochi di Pechino 2008. Che sfiora. Ad impedirglielo è Sadam Ali, classe 1988, nato a New York nel quartiere di Brooklyn, a sua volta iridato nei pro, battendo nel dicembre 2017 il quotato Miguel Cotto, per la cintura WBO superwelter. L’anno prima Sadam ci aveva provato invano contro Jessie Varga per i welter. Ancora in attività. Sfumata l’opportunità di Pechino, con un record in maglietta di 70 match e 12 sconfitte, numeri più o meno precisi, il 14 marzo 2008 debutta a Denver nel Colorado, tra i prize fighters, spedendo KO dopo meno di un minuto il malcapitato Brian Cummings, che boxava in casa e proveniva da due vittorie. Affida l’attività a Bob Arum che lo guida abilmente. Dopo 22 vittore, l’ultima il 5 ottobre 2013 a Orlando in Florida a spese del russo Andrey Klimov che si presentava imbattuto con 16 successi, dominato nettamente. E’ maturo per conquistare il mondiale WBO leggeri. Il 3 gennaio 2014 va a Glasgow, nella tana del lupo scozzese Ricky Burns, dove il clima è sempre torrido a suo favore. Crafword gela il pubblico, facendo contare il campione nel primo round. Fatto inedito per un guerriero mai sconfitto prima del limite. Infatti arriva alla fine, ma consegna lo scettro all’ospite. Il primo alloro di una serie infinita. Difende la cintura due volte, mette KO il cubano Gamboa, che si presentava con 23 vittorie e nessuna sconfitta, steso al nono round. Al messicano Roy Beltram concede la sconfitta ai punti. Il 18 aprile 2015 ad Arlington nel Texas, conquista la vacante cintura superleggeri WBO, a spese di Thomas Delorme, portoricano nato in Guadalupe, che al primo suon del gong si avventa contro Crawford attaccando selvaggiamente. Per cinque tempi la battaglia è incerta, al sesto il destro chirurgico di Terence mette il rivale al tappeto, che si rialza con la bava alla boca per la rabbia. Ma il suo destino è segnato. Altri due conteggi e poi la resa definitiva. Seguono sei difese con l’aggiunta il 23 luglio 2016 a Las Vegas, della cintura WBC sfilata all’ucraino Victor Postol, che l’aveva appena conquistata. Postol contato varie volte, dimostra coraggio e resistenza incredibili arrivando al dodicesimo round. Dopo l’ucraino riprende il rosario dei KO, vittime illustri John Molina, Felix Diaz e il namibiano Julio Indongo, poliziotto e insegnante di ginnastica nel carcere di Windhoek. Una meteora che destò sensazione quando il 3 dicembre 2016 al Palaghiaccio di Mosca, mise KO l’idolo locale Eduard Troyanovsky, reduce da 25 vittorie e grandi progetti dell’organizzatore Popov. Confermandosi campione nell’aprile del 2017 a Glasgow, dominando Ricky Burns sui 12 round. Diverso destino contro Crawford quattro mesi dopo a Lincolm nel Nebraska. Un Calvario per l’africano, contato nel secondo e terzo tempo, KO nel quarto. A quel punto i numeri iniziano a portare Crawford ai vertici assoluti, anche se il primo a non dare importanza alla cosa è il campione. Per la disperazione di Bob Arum, che vede sfumare opportunità remunerative, che Crawford ignora. Non solo, lungo il percorso da professionista, corre rischi maggiori fuori dalle corde che sul ring. Nel 2008, litiga con un buttafuori, interviene un agente e inizia una sparatoria niente male. Un proiettile lo ferisce alla testa, due centimetri sotto e l’avrebbero portato all’obitorio. Nel 2010, mentre guida la nuova auto, dopo aver viaggiato per anni con una Chevrolet Monte Carlo quasi d’epoca. Improvvisa, una scarica di otto colpi crivellano la macchina, senza colpirlo. Il mancato killer lo aveva scambiato per un suo cugino. Passano pochi mesi e Terence discute col carrozziere che aveva riparato la nuova Chevy nera. La discussione degenera e il meccanico lo denuncia per percosse. Nove mesi di reclusione la sentenza del giudice. L’aspirante campione, capisce che deve darsi una regolata. Ha famiglia, una prole numerosa che tra figli naturali e adottati arriverà a quota sette e tutti guardano a lui con fiducia. Esce tre mesi prima per buona condotta e cambia tutto. Va in Uganda per capire cosa è la vera povertà. Quando torna, recupera un vecchio magazzino e apre la B&B Boxing Academy, gratuita per tutti i ragazzi dall’esito positivo a scuola. Resta l’annoso approccio tiepido con i media e le Tv. Dopo l’esecuzione ai danni di Indongo, sale nei welter e chiude il rapporto con la Top Rank. Il commento di Bob Arum è amaro ed emblematico: “Se avesse accettato solo una parte delle opportunità che gli ho offerto si sarebbe potuto comprare una bella villa a Beverly Hill. Comunque buona fortuna”. Il 9 giugno 2018 nello storico MGM di Las Vegas non lascia scampo all’australiano Jef Horn, Kot al nono round, che pure aveva conquistato lo scettro a spese di un mito quale Manny Pacquiao a Brisbane. Di fronte a Crawford ha fatto la figura dello scolaro privo di risposte alle domande del professore. Dopo Horn, la fila degli sfidanti ha il destino segnato, tutti KO e sono ben sei: Benavides, Khan, Kavaliauskas, Brook, Porter e Avanesyan. Al forziere di Terence manca il tesoro che possiede Errol Spence Jr. altro imbattuto, detentore delle altre tre cinture: WBC, WBA e IBF, mancino di talento, già in evidenza da dilettante, titolare per gli USA ai mondiali 2009 a Milano e 2012 ai Giochi di Londra. A giudizio unanime quella del 30 luglio 2023 è la sfida dell’anno e il vincitore entrerà nel Ghota assoluto. Statisticamente mettono assieme 67 vittorie primato assoluto. I 20.000 posti del T Mobile Arena di Las Vega esauriti da mesi. I primi posti pagati 12.500 dollari, i più economici 350. La pay per view è costata circa 100 dollari. I due campioni salgono sul ring accompagnati dagli incitamenti dei loro fans. Netta la prevalenza della sponda di Spense, nato a New York il 3 marzo 1990, residente nel Texas, allenato dal padre. Chi si aspettava una sfida equilibrata ha sbagliato tutto. Sul ring un solo attore. Crawford è addirittura crudele nell’esecuzione, il jab sinistro è una sentenza implacabile. Spence finisce al tappeto nel secondo round, per due volte nel settimo e si arrende alla nona ripresa. Ad essere generosi ha vinto un round. La cosa più impressionante è la facilità di esecuzione che mostra Crawford. Tutto semplice e perfetto. Al 18° mondiale disegna il capolavoro in una galleria dove non esiste il segno negativo. L’ultimo avversario che lo superò è stato Miguel Angel Gonzales, mancino di Cleveland il 23 agosto 2007, ai trials per i Giochi di Pechino 2008, molto più esperto, avendo tentato lo stesso traguardo nel 2003 per le Olimpiadi di Atene 2004. Da allora sono trascorsi 18 anni. Chi gli ha fatto i conti in tasca valuta abbia guadagnato non meno di 20 milioni di dollari. Contro Alvarez saranno più del doppio. Un anno dopo il trionfo contro Spence, che lo pone al terzo posto assoluto tra i detentori delle quattro cinture, preceduto da Bernard Hopkins (2004) e Jerman Taylor (2005), staccato anche il ticket sia pure ad interim della WBA superwelter. Lo fa scalzando Israil Madrimov (10-2), uzbeko trentenne, alla prima difesa, pro dal 2018, residente a Indio in California, assieme a molti connazionali, tutti diretti dal russo Vadim Kornilov, al quale si è affidato anche Dmitri Bivol. Venerdì notte, per l’Italia, sul ring dell’Allegiant Stadium di Las Vegas Terence “Bud” Crawford è chiamato alla scalata dell’Everest pugilistico. In rotta di collisione, trova il drago messicano Saul Alvarez (63-2-2) pro dal 2006, a 16 anni, il pugile più ricco in circolazione e ancora non sazio di guadagni e di gloria. Uno scontro sulla carta squilibrata, visto che lo sfidante è un welter e il campione un supermedio abbondante. Crawford nell’ultima apparizione ha mostrato pettorali impressionati sui 10 kg. messi addosso, per ridurre al minimo il gap. Basterà contro Saul, che lungo i vent’anni di professionismo, solo due rivali lo hanno battuto? Floyd Mayweather nel 2013 e Dmitri Bivol nel 2022 per il mondiale massimi leggeri WBA, un passo troppo lungo contro un supercampione assoluto. Crawford sarà il terzo a batterlo? Personalmente non lo escludo, anche se l’età e la logica ne fanno una missione impossibile. Perché indico questa possibilità? Lo sfidante ha colpi lunghi e potenti, mobile e abile in difesa, caratteristiche ostiche per il campione che preferisce avversari più lenti e meno sfuggenti. Come dire che ci metto la faccia. Sperando di non ricevere un diretto da KO.
Giuliano Orlando