LA CORONA ITALIANA RITROVA LA SUA GLORIA!
Il Titolo Italiano Rinasce: La Visione di Andrea Locatelli (responsabile del settore pro della FPI)
C’è un momento nella storia di ogni sport in cui qualcuno ha il coraggio di dire “basta”. Basta con la mediocrità. Basta con le mezze misure. Basta con un titolo glorioso lasciato appassire nell’indifferenza. Quel momento, per il pugilato italiano, è adesso.
Una rivoluzione silenziosa ma potente sta attraversando i ring d’Italia, orchestrata da un uomo che ha osato sognare in grande: Andrea Locatelli. E non si tratta di belle parole o promesse vuote. Si tratta di un cambiamento strutturale, profondo, che sta già dando i suoi frutti con semifinali come quella che si terrà il 25 aprile a Ferrara tra Emanuele Venturelli e Paolo Iannucci – solo uno dei tanti esempi di questa nuova era che sta nascendo sotto i nostri occhi.
IL TITOLO CHE AVEVAMO DIMENTICATO DI AMARE
Chiudete gli occhi per un momento. Pensate ai grandi campioni italiani che hanno fatto la storia: Nino Benvenuti, Patrizio Oliva, Sumbu Kalambay, Sandro Mazzinghi. Pensate a Rocky Mattioli, Franco Udella, Giovanni De Carolis. Ogni singolo campione ha cercato e voluto: il titolo italiano.
Non è solo una cintura. È il battesimo del fuoco. È il tuo nome scritto nella storia del pugilato italiano.
Per anni – troppi anni – era stato trascurato, declassato, ridotto a un’appendice burocratica nel curriculum di pugili che guardavano subito oltre confine. Come se rappresentare l’Italia, essere IL migliore del nostro Paese in una categoria di peso, non significasse nulla.
Ma significava tutto. E qualcuno se ne è finalmente accorto.
L’UNICITÀ CHE CI RENDE SPECIALI
Fermatevi un attimo a riflettere su questo concetto rivoluzionario: il titolo italiano è ASSOLUTO. Uno e uno soltanto per ogni categoria di peso. Non esistono campioni WBC-Italia, WBA-Italia, IBF-Italia. Esiste IL Campione d’Italia. Punto.
In un mondo della boxe frammentato da troppe sigle, troppe organizzazioni, troppi “campioni” che rendono impossibile capire chi sia veramente il migliore, il titolo italiano rappresenta una verità cristallina: sei il più forte d’Italia nella tua categoria, o non lo sei. Non ci sono scorciatoie, non ci sono vie di mezzo, non ci sono asterischi accanto al tuo nome.
È questa purezza, questa onestà brutale, che rende il titolo italiano così prezioso. È il tuo primo vero esame. È la prova che sei pronto per il grande palcoscenico internazionale. È il tuo certificato di appartenenza a una tradizione che ha oltre un secolo di storia gloriosa.
IL GENIO VISIONARIO: CHI È ANDREA LOCATELLI
Per capire la portata di questa rivoluzione, dobbiamo conoscere l’uomo che la sta guidando. Andrea Locatelli non è un burocrate seduto dietro una scrivania a firmare documenti. È un vero appassionato, un innovatore, qualcuno che ha passato notti insonni a studiare statistiche, a parlare con i pugili, ad ascoltare i promoter, a sentire il battito del cuore del pugilato italiano.
E quello che ha scoperto lo ha scosso profondamente.
“Negli ultimi 10 anni,” rivela Locatelli con una voce che mescola delusione e determinazione, “le statistiche ci dicono che sono stati disputati appena 20 titoli all’anno in tutte le categorie di peso. Una media di circa 1,5 titoli italiani in ciascuna categoria di peso all’ anno.”
Lasciate che questo numero vi penetri nella mente: 1,5 titoli italiani all’anno per categoria di peso. O se preferite 3 titoli italiani per categoria ogni due anni, il che significa un titolo italiano ogni otto mesi per ciascuna categoria. In un Paese con 14 categorie di peso. In una nazione che ha prodotto leggende mondiali. In una terra dove il pugilato scorre nelle vene come il sangue.
È inaccettabile. E Locatelli lo sa.
LA VISIONE: DA 20 A 30, PER ARRIVARE IDEALMENTE A 42 TITOLI ALL’ANNO
Ma Andrea Locatelli non è tipo da lamentarsi. È tipo da agire. È tipo da rivoluzionare.
“Il mio obiettivo – il nostro obiettivo come Federazione Pugilistica Italiana – è portare almeno a 30 titoli italiani all’anno,” dichiara con la sicurezza di chi ha fatto i conti e sa che i numeri tornano. “Un incremento del 50% rispetto ai 20 attuali. Ma non ci fermeremo lì.”
La sua visione finale è ancora più ambiziosa, quasi utopica: 42 titoli italiani annuali. Uno ogni 4 mesi per ogni categoria di peso. Un ritmo sostenuto, intenso, che trasformerebbe il panorama pugilistico italiano in un ecosistema vibrante e dinamico.
Immaginate: ogni quattro mesi, da qualche parte in Italia, un ring illuminato dai riflettori. Due pugili. Una cintura. Un sogno. La gloria che aspetta il vincitore, il ritorno in palestra per il perdente. E poi, quattro mesi dopo, di nuovo. E poi ancora. E ancora.
È il ciclo vitale del pugilato. È l’ossigeno che fa respirare lo sport.
Non più un titolo italiano che rimane bloccato per mesi e mesi nelle mani di chi non vuole rischiare. Non più campioni fantasma che evitano le difese obbligatorie. Non più giovani talenti costretti ad aspettare eternamente la loro chance.
Ma un sistema fluido, dinamico, meritocrático, dove chi vince merita di vincere e chi perde ha già in mente la data del prossimo appuntamento con la gloria.
L’INNOVAZIONE CHE CAMBIA TUTTO: LE SEMIFINALI
Ma ecco il colpo di genio, l’idea che potrebbe sembrare ovvia a posteriori ma che nessuno aveva mai implementato sistematicamente: le semifinali per il titolo italiano.
Pensateci. Nel calcio, nessuna squadra va direttamente alla finale di Coppa Italia dal nulla. Nello sport professionistico, il percorso verso il traguardo è importante quanto il traguardo stesso. Costruisce narrativa. Crea momenti. Forgia caratteri.
Le semifinali servono esattamente a questo. Non sono un ostacolo burocratico – sono un’opportunità. Un palcoscenico per dimostrare che meriti quella finale. Una chance per i pugili emergenti di farsi un nome. Un test per separare i contendenti dai pretendenti.
E c’è di più. Locatelli ha introdotto una regola che fa tremare i polsi: chi si sottrae alle semifinali viene declassato automaticamente, perdendo posizioni in classifica.
È una mossa audace, quasi spietata. Ma è anche giusta. Se vuoi la gloria del titolo italiano, devi percorrere tutta la strada. Non esistono scorciatoie. Non esistono pass gratuiti. O hai il coraggio di salire su quel ring, o fai spazio a qualcuno che ce l’ha.
IL SISTEMA IN AZIONE: SEMIFINALI IN TUTTA ITALIA
Le semifinali stanno già accadendo. Non è teoria, non è un progetto sulla carta – è realtà concreta. Quella del 25 aprile a Ferrara tra Venturelli e Iannucci è solo uno degli esempi di questo nuovo corso. In tutta Italia, da Nord a Sud, i ring si stanno accendendo con match che hanno un significato vero, una posta in gioco reale. E’ già successo in due occasioni (Reggi Vs Valentino – Foglia Vs Qela e come detto sta per succedere con Venturelli Vs Iannucci , Mazzon Vs Russo e Nocera Vs Valente).
Ogni semifinale racconta una storia. Un veterano che cerca l’ultima chance di gloria. Un giovane leone che vuole dimostrare di essere pronto per il grande salto. Un outsider che nessuno considerava e che improvvisamente si ritrova a un passo dal sogno.
Questi non sono più match di riempimento in undercard dimenticate. Sono eventi principali che meritano attenzione, rispetto, e il supporto appassionato dei tifosi.
E il bello è che ce ne saranno tante altre. Ogni mese, in diverse città italiane, pugili saliranno su quei ring sapendo che una vittoria significa avvicinarsi alla finale. Significa avere una data sul calendario. Significa che il sogno del titolo italiano non è più una chimera lontana, ma un obiettivo tangibile con una roadmap chiara, significa essere nuovi sfidanti ufficiali al titolo italiano.
PERCHÉ QUESTO È IMPORTANTE (ANCHE SE NON SEGUI LA BOXE)
Forse non siete appassionati di boxe. Forse non avete mai visto un match in vita vostra. Ma questa storia dovrebbe comunque emozionarvi, perché parla di qualcosa di universale: il coraggio di riformare, di innovare, di non accontentarsi dello status quo.
Viviamo in un’epoca dove troppo spesso sentiamo dire “si è sempre fatto così”. Dove l’innovazione spaventa. Dove cambiare le cose sembra impossibile perché “il sistema non lo permette”.
Andrea Locatelli e la Federazione Pugilistica Italiana stanno dimostrando che è una bugia. Il sistema può cambiare. Anzi, DEVE CAMBIARE quando non è funzionale alla crescita e alla generazione di interesse e valore per i suoi protagonisti.
Il pugilato italiano stava morendo non perché mancassero i talenti – l’Italia sforna pugili di qualità ogni anno. Stava morendo perché mancava una struttura che desse a quei talenti un percorso chiaro, obiettivi raggiungibili, traguardi significativi.
LA NUOVA GENERAZIONE DI CAMPIONI
Pensate ai giovani pugili che si stanno allenando in palestre in tutta Italia in questo momento. Ragazzi di 18, 19, 20 anni che sognano di diventare qualcuno. Che appendono poster di Canelo Alvarez e Gennady Golovkin nei loro armadietti. Che tornano a casa con le nocche sanguinanti e i sogni più grandi della loro stanza.
Fino a ieri, il loro percorso era nebuloso. Quando avrebbero combattuto per il titolo italiano? Chi avrebbero dovuto battere? Come avrebbero dimostrato di meritare quella chance?
Oggi, per la prima volta, esiste un percorso cristallino:
- Costruisci il tuo record
- Entra nelle classifiche (integrate tra prima e seconda serie)
- Qualificati per la semifinale
- Vinci la semifinale
- Combatti per il titolo italiano
- Conquista la cintura
- Difendila con orgoglio ogni 4 mesi
Sette passi. Chiari. Definiti. Raggiungibili.
Non è una garanzia di successo – niente lo è nella boxe, dove un pugno può cambiare una carriera in un secondo. Ma è una mappa. È una direzione. È una speranza tangibile.
IL PUBBLICO CHE RITORNA
C’è un’altra vittima della decadenza del titolo italiano: il pubblico.
Gli appassionati di boxe vogliono match che significhino qualcosa. Non vogliono vedere due pugili random che combattono per niente in particolare un mercoledì sera in una palestra semi-vuota. Vogliono vedere gladiatori che combattono per gloria, per titoli, per il diritto di essere chiamati campioni.
Il nuovo sistema di Locatelli gli sta dando esattamente questo. Ogni semifinale è un evento sia che si tratti dell’incontro principale sia che si tratti di una ottima proposta di sottoclou. Ogni finale è uno spettacolo. Ogni difesa del titolo è un’occasione per creare nuove leggende.
E quando il pubblico torna, tutto cambia. Tornano gli sponsor. Tornano i broadcaster. Tornano i soldi che permettono ai pugili di allenarsi a tempo pieno invece di lavorare part-time. Torna la copertura mediatica che crea nuove stelle.
È un circolo virtuoso. E sta iniziando proprio adesso.
IL CONFRONTO INTERNAZIONALE
Guardate agli Stati Uniti, al Regno Unito, al Messico – i mercati pugilistici più forti del mondo. Cosa hanno in comune? Strutture chiare. Percorsi definiti. Titoli nazionali rispettati che servono come trampolino di lancio per le carriere internazionali.
Il British title nella boxe britannica è considerato un onore immenso. Pugili che potrebbero probabilmente ottenere shot per titoli mondiali minori scelgono di combattere prima per il titolo britannico perché significa qualcosa. Perché ha storia. Perché i fan ci tengono.
L’Italia ha una tradizione pugilistica altrettanto ricca – se non più ricca – di quella britannica. Abbiamo prodotto campioni mondiali in quasi ogni era della boxe moderna. Ma avevamo perso il rispetto per il nostro titolo nazionale.
Locatelli sta riportando quel rispetto. Sta posizionando il titolo italiano dove merita di essere: come un traguardo prestigioso, non un’afterthought.
LA DISCIPLINA CHE SERVE: NESSUNO SCONTO
Una delle parti più rivoluzionarie di questa riforma è la regola sul declassamento automatico. Sembra dura, forse persino crudele. Ma è necessaria.
Nel vecchio sistema, pugili potevano rimanere in cima alle classifiche per mesi, persino anni, evitando sfide difficili, aspettando l’opportunità “perfetta”. Nel frattempo, pugili più giovani e affamati erano bloccati sotto di loro, impossibilitati a progredire.
La nuova regola dice: se sei nella top ranking e rifiuti una semifinale, vieni declassato. Fai spazio a qualcuno che VUOLE combattere.
È meritocratico. È giusto. E manda un messaggio chiaro: il titolo italiano non è per chi lo vuole di più sulla carta – è per chi è disposto a combattere di più sul ring.
Non puoi più nasconderti. Non puoi più procrastinare. O combatti, o scendi.
Questa regola da sola cambierà la mentalità di un’intera generazione di pugili italiani. Non più la ricerca del “match facile” o del “momento giusto”. Il momento giusto è quando ti chiamano per la semifinale. E se non sei pronto, qualcun altro lo sarà.
IL COSTO DELL’AMBIZIONE
Locatelli non si illude. Sa che realizzare completamente questa visione non sarà semplice.
Servono promoter disposti a organizzare più eventi. Servono sponsor che credano nel progetto. Servono venue disposte ad accogliere questi match. Servono media che raccontino le storie. Servono pugili che abbraccino il nuovo sistema invece di temerlo.
Ma soprattutto serve una cosa: credere che sia possibile.
E quando un leader crede davvero, quando un’intera federazione si allinea dietro quella visione, quando i pugili iniziano a vedere i risultati concreti, il possibile diventa inevitabile.
Locatelli stesso lo ammette con onestà: “Realizzarlo non sarà semplice. Ma sono sicuro che è l’unica strada percorribile.”
E ha ragione. Non ci sono alternative. O il pugilato italiano abbraccia questa riforma, questa ambizione, questa visione, oppure continua il lento declino verso l’irrilevanza.
UNA RIVOLUZIONE COPERNICANA
Chiamiamola con il suo vero nome: questa è una rivoluzione copernicana del sistema pugilistico italiano. Come Copernico ha messo il sole al centro del sistema solare invece della Terra, Locatelli sta mettendo il titolo italiano al centro del sistema pugilistico nazionale invece di considerarlo un satellite marginale.
È un cambio di paradigma totale. Negli ultimi tempi, il titolo italiano era qualcosa che “capitava” nella carriera di un pugile, quasi per caso, spesso contro avversari di comodo, senza troppa enfasi.
Ora, diventa il fulcro. L’obiettivo primario. Il primo grande appuntamento. Il test definitivo di chi sei come pugile italiano e solo dopo disporrai dei requisiti necessari per affrontare con dignità impegni internazionali.
Infatti tutto ciò rinforzerà le ambizioni internazionali dei nostri campioni italiani. Perché un pugile che ha dimostrato di essere il migliore in Italia, che ha passato il vaglio delle semifinali, che ha conquistato la finale, che ha difeso il titolo, è un pugile pronto per il palcoscenico internazionale.
I NUMERI CHE RACCONTANO UNA STORIA
Facciamo un passo indietro e guardiamo i numeri con lucidità:
10 anni, 20 titoli all’anno, 204 titoli totali distribuiti su 14 categorie di peso.
Significa che, in media, ogni categoria di peso ha visto circa 14 match per il titolo in 10 anni. Poco più di uno all’anno per categoria.
È ridicolo. È insostenibile. È il motivo per cui il titolo aveva perso significato.
Ora guardiamo la visione di Locatelli:
42 titoli all’anno significano 3 titoli per categoria all’anno, uno ogni 4 mesi obiettivo molto ambizioso.
Improvvisamente, ogni categoria di peso diventa un ecosistema vivente. Campioni che devono difendere regolarmente. Contendenti che sanno quando avranno la loro chance. Semifinali che mantengono l’intero ranking in movimento costante.
Questo non è solo un miglioramento incrementale. È una trasformazione sistemica.
LA CHIAMATA ALLE ARMI
Questo non è solo un articolo. È una chiamata alle armi.
Ai pugili: abbracciate questo sistema con tutto il cuore. Le semifinali non sono ostacoli – sono opportunità. Il titolo italiano non è un trampolino di lancio da attraversare correndo – è una destinazione degna di essere raggiunta con tutto quello che avete. Combattete con orgoglio. Difendete con onore.
Ai promoter: questa è la vostra chance di essere parte di qualcosa di storico. Organizzate queste semifinali e finali con la stessa cura che mettereste in un evento internazionale. Investite nei giovani talenti. Create storylines. Date al pubblico ragioni per preoccuparsi. Il pubblico risponderà se gli date pugilato vero con significato reale.
Ai media: raccontate queste storie. Ogni semifinale è una narrativa in costruzione. Ogni pugile ha un sogno, una famiglia, sacrifici che ha fatto. Date voce a queste storie. Create eroi. Il pugilato italiano ha bisogno di giornalisti che credano nel potenziale di questo sport, non cinici che lo seppelliscono prima ancora che inizi.
Ai tifosi: riempite quelle arene. Comprate quei biglietti. Guardate quei match, anche quelli che non sono “grandi nomi”. Il vostro supporto è l’ossigeno di cui questo sport ha bisogno per sopravvivere. Ogni biglietto venduto è un voto di fiducia nel sistema. Ogni arena piena manda un messaggio: il pugilato italiano conta.
Agli sponsor: questo è il momento perfetto per investire. State assistendo alla nascita di un movimento che può riportare il pugilato italiano ai fasti dell’ultimo millennio. I numeri cresceranno. Il pubblico tornerà. E chi entra adesso, in questa fase formativa, sarà ricordato come visionario.
SOSTENIAMO LA CORONA ITALIANA
Il titolo italiano non è solo una cintura di pelle e metallo. È un simbolo. È la rappresentazione fisica di tutto ciò che significa essere il migliore in qualcosa, in un luogo specifico, in un momento specifico della storia.
Quando sosteniamo il titolo italiano, sosteniamo l’idea che l’eccellenza locale conta. Che non devi andare in America o in Inghilterra per dimostrare il tuo valore. Che essere il campione d’Italia è, in sé, qualcosa di magnifico.
In un’epoca di globalizzazione, dove tutto sembra uguale ovunque, dove le identità locali si dissolvono, il titolo italiano rappresenta radici. Rappresenta appartenenza. Rappresenta casa.
Rappresenta noi.
IL FUTURO CHE CI ASPETTA
Chiudete gli occhi e immaginate il pugilato italiano tra cinque anni.
Immaginate arene piene in ogni città. Palermo, Napoli, Roma, Firenze, Milano, Torino, Genova. Ogni mese, da qualche parte, un ring illuminato e due pugili che si battono per la gloria.
Immaginate una nuova generazione di campioni che sono diventati stelle nazionali perché il sistema gli ha dato visibilità. Immaginate giovani che iniziano a boxare perché hanno visto un pugile della loro città conquistare il titolo italiano e hanno pensato: “Io voglio essere come lui.”
Immaginate sponsor che fanno a gara per associarsi al titolo italiano. Immaginate broadcaster che trasmettono ogni semifinale e finale in prima serata. Immaginate giornalisti sportivi che parlano di boxe con la stessa frequenza con cui parlano di altri sport più celebrati.
Non è fantasia. È il futuro che Locatelli sta costruendo. Mattone dopo mattone. Semifinale dopo semifinale. Titolo dopo titolo.
LA RESPONSABILITÀ COLLETTIVA
Ma questo futuro non è garantito. Richiede che tutti facciano la loro parte.
Locatelli ha creato il modello. Ha disegnato la roadmap. Ha implementato le regole. Ma il sistema funziona solo se tutti ci credono e partecipano.
I pugili devono affrontarsi nelle semifinali senza scappatoie. I promoter devono organizzare eventi di qualità. I media devono raccontare le storie. I tifosi devono presentarsi. Gli sponsor devono investire.
Ci stiamo accorgendo che proprio questo sta iniziando?
È un ecosistema. E come ogni ecosistema, se un elemento manca, tutto il sistema soffre.
Ma se tutti fanno la loro parte? Se tutti abbracciano questa visione? Allora qualcosa di magico può accadere.
FORZA PUGILATO ITALIANO
Tre parole semplici: Forza Pugilato Italiano.
Ma in quelle tre parole c’è tutto. C’è la passione di generazioni di fan che hanno riempito il Palasport di Roma, il Mandela Forum di Firenze, l’Allianz Cloud di Milano. C’è il sudore di migliaia di pugili che si sono allenati in palestre da Palermo a Milano. C’è l’orgoglio di una nazione che ha dato al mondo alcuni dei pugili più eleganti, coraggiosi e ispiratori della storia.
C’è la memoria di Nino Benvenuti che balla sul ring come un artista. Di Patrizio Oliva che conquista l’oro olimpico e poi il mondo professionale. Di Giovanni De Carolis che a 32 anni diventa campione del mondo contro ogni aspettativa. Di Sumbu Kalambay, di Rocky Mattioli, di tutti i grandi che hanno indossato la cintura tricolore.
C’è il futuro che sta per sbocciare. I ragazzi nelle palestre che potrebbero essere i prossimi grandi nomi. Le semifinali che creeranno nuove rivalità appassionanti. I titoli che passeranno di mano, creando drammi e celebrazioni in egual misura.
C’è tutto questo. E altro ancora.
C’è la promessa che il pugilato italiano può tornare grande. Non grande “per gli standard italiani”. Grande punto e basta. Grande in modo che quando un campione mondiale pensa “chi è il prossimo avversario degno?”, nella sua mente appaia il nome di un italiano.
L’EREDITÀ CHE STIAMO COSTRUENDO
Tra vent’anni, quando questa riforma sarà diventata la norma, quando l’intensità e la frequenza dei titoli italiani all’anno saranno scontati, quando una nuova generazione di campioni dominerà le classifiche mondiali, qualcuno guarderà indietro e ricorderà.
Ricorderà quando tutto è cambiato. Quando qualcuno ha avuto il coraggio di dire “possiamo fare meglio” e poi ha effettivamente fatto qualcosa al riguardo.
Ricorderà la Federazione Pugilistica Italiana come l’organizzazione che ha avuto il coraggio di riformarsi.
Ricorderà i primi pugili che hanno combattuto nelle semifinali come pionieri coraggiosi.
Ricorderà i primi promoter che hanno investito nel sistema come visionari.
Ricorderà i primi tifosi che hanno riempito quelle arene come veri credenti.
E tutti loro, tutti noi, saremo parte di qualcosa di più grande di noi stessi. Saremo parte della rinascita del pugilato italiano.
L’INVITO FINALE
Se siete arrivati fino a qui, se queste parole hanno toccato qualcosa dentro di voi, allora fate una cosa semplice ma potente:
Credete.
Credete che il pugilato italiano può tornare grande. Credete che il titolo italiano merita rispetto. Credete che il sistema sul quale Locatelli si sta impegnando, può funzionare. Credete che la prossima semifinale che vedete – sia a Ferrara, a Milano, a Napoli, ovunque – è parte di qualcosa di significativo.
E poi, dopo aver creduto, partecipate.
Guardate i match. Comprate i biglietti. Condividete sui social. Parlate con i vostri amici. Diventate parte del movimento.
Perché questo sport, questo sistema, questa rivoluzione – sopravvive solo se ci crediamo. Se partecipiamo. Se ci importa.
Il pugilato non è uno sport per spettatori passivi. È uno sport che richiede passione, investimento emotivo, dedizione.
Ed è uno sport che, quando fatto bene, quando organizzato con cura, quando rispettato come merita, può regalare momenti di pura, indimenticabile, trascendente emozione.
L’ULTIMO PENSIERO
C’è una citazione di Muhammad Ali che dice: “Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato piuttosto che esplorare il potere che hanno di cambiarlo.”
Andrea Locatelli non è un piccolo uomo. Non sta accettando il mondo come gli è stato dato. Sta usando la competenza, l’esperienza e la passione che ha per cambiarlo.
E noi, tutti noi che amiamo questo sport, abbiamo il privilegio di assistere a questa trasformazione. E forse, nel nostro piccolo, di esserne parte.
Le semifinali obbligatorie che creano percorsi chiari. Il declassamento automatico che premia solo chi ha coraggio. Un titolo italiano che finalmente significa qualcosa.
Non è solo un cambiamento di regolamento. È una dichiarazione d’intenti. È un manifesto per il futuro. È l’inizio di qualcosa di bellissimo.
“La rivalutazione del titolo italiano cosi come l’introduzione del Club Italia Pro, per quei pugili che hanno AFFRONTATO E BRILLANTEMENTE superato questa fase domestica e ancora il trofeo Nino Benvenuti per i nostri neo pro lanciati verso il sogno di essere un giorno i futuri campioni d’Italia, sono gli elementi portanti del progetto innovativo di sistema” conclude Locatelli.
Sosteniamo a gran voce la corona italiana. Sosteniamo a gran voce il pugilato italiano.
Forza Pugilato Italiano.