EL Moeti: Sedici anni, un sogno già realtà

Antony El Moeti Lo chiamano ‘The Prince’ per lo stile elegante dentro e fuori dal ring. A soli 16 anni ha scelto il professionismo, debuttando in Messico: un’avventura fatta di coraggio, passione e voglia di dimostrare che il nuovo volto del pugilato italiano è pronto a lasciare il segno.
1. Hai debuttato da professionista a soli 16 anni in Messico: qual è stato il momento in cui hai capito che “era fatta”? Hai detto più volte che il professionismo è sempre stato il tuo sogno: cosa ti ha spinto a bruciare le tappe e non aspettare i 18 anni?
Il momento in cui ho capito che “era fatta” è stato quando si è svolta la cerimonia del peso. Fino a quel momento era tutto un sogno, un progetto. Ma lì ho realizzato che stava diventando reale… Per quanto riguarda il mio passaggio nel mondo dei pro, ho avuto la possibilità e col mio maestro abbiamo deciso di coglierla: tantissimi campioni nel mondo sono passati professionisti a una giovane età.
2. Cosa cambia davvero tra boxe olimpica e professionismo per un ragazzo della tua età—ritmo, colpi, gestione mentale? In Italia è raro che un minorenne vada subito tra i professionisti: hai sentito critiche o diffidenze e come le hai gestite?
La differenza tra boxe olimpica e professionistica è enorme, ed io sto lavorando sotto tutti gli aspetti. Critiche? Non ne ho sentite, sicuramente ce ne sarà stata qualcuna, ma non le avrei dato peso perché sono concentrato sul mio percorso.
3. Come si prepara un match a 16 anni: scuola, compiti, allenamento… qual è stata la tua settimana tipo prima del debutto? A scuola come reagiscono compagni e professori: ti vedono come “il pugile”, o rimani uno studente come gli altri?
Fortunatamente è nato tutto nell’estate, perciò le scuole erano terminate. Stiamo valutando con i miei come organizzarci per il prossimo anno scolastico. Per quanto riguarda la mia settimana tipo prima del debutto, era principalmente basata su allenamento duro, sana alimentazione, concentrazione, tensione, ansia, preoccupazione per il peso.
4. Qual è il ruolo di tuo padre/allenatore Alessandro nel tuo angolo e nella tua crescita tecnica ed emotiva? Dal punto di vista tecnico: su cosa state lavorando di più adesso—velocità, potenza, resistenza, difesa?
È il mio punto di riferimento da sempre: insieme abbiamo vinto tantissimo a livello nazionale e internazionale. Ha avuto il coraggio di affidarmi nelle mani di un altro maestro di cui ha molta stima ed insieme a lui e alla mia promotion lavoriamo per il mio percorso e per il mio futuro. Tecnicamente curiamo già tutti questi aspetti, l’unica cosa che stiamo cambiando sono i tempi di lavoro.
5. Perché proprio Santa Fe per il debutto: cosa ti ha dato combattere in Messico, patria della boxe “calda”?
Perché la mia promotion si è messa d’accordo con l’organizzazione dell’evento a Santa Fe, nella quale hanno inserito il mio incontro. È stata una grande emozione sentire il mio nome in una lingua differente, essere acclamato da un pubblico non mio con tanto calore ed è stato molto emozionante. Ad aggiungere un turbine di emozione è stato avere a bordo ring i due fratelli campioni del mondo Fundora.
6. Sei già stato protagonista con la Nazionale giovanile e agli Europei di categoria: quali lezioni ti porti dall’attività olimpica nel mondo pro?
Porto con me una buona esperienza dilettantistica.
7. Hai un soprannome—“The Prince”—e uno stile molto “pulito”: come descriveresti la tua identità pugilistica a chi non ti ha mai visto?
Il soprannome The Prince me lo attribuirono il mio maestro e il mio team proprio per il mio stile elegante e concreto sia nella vita che nel ring. Anche il maestro Patrizio Oliva mi diede un soprannome, ovvero “’o professor”.
8. A chi ti ispiri oggi tra i professionisti e quali aspetti tecnici stai cercando di aggiungere al tuo repertorio?
I miei idoli pugilistici sono tanti, e i punti tecnici da cui prendo spunto sono molti. La determinazione da un mio compagno di palestra che io ammiro molto e a cui voglio un bene dell’anima, Muhamet Qamili, ma anche Canelo, Crawford e Inoue. Sto lavorando per diventare più completo: voglio aggiungere pressione quando serve, lavorare meglio al corpo e leggere ancora più velocemente le situazioni.
9. Lavori di squadra: quanto contano management e promoter (Panda Boxing Mgmt / OPI Since 82) nelle scelte dei prossimi passi?
Io credo che deve esserci sinergia e lavoro di squadra tra management, promoter e maestro. Io ho pienamente fiducia in loro.
10. Obiettivi a 12 mesi e a 3 anni: quante volte vuoi combattere, in che peso ti vedi, e quale traguardo ti direbbe “ok, siamo sulla strada giusta”?
Se fosse per me combatterei anche ogni mese, non so dirti quanti match farò nei prossimi 12 mesi, ma sicuramente combatterò. Ho già una data a breve che comunicherò più avanti. Entro i 3 anni vorrei competere per un titolo importante. Quando inizierò a conquistare titoli importanti potrò dire di essere sulla strada giusta.